Non esito a sostenere che viviamo un ambiente governativo e dintorni i cui si aggirano “avventurieri”, come nel romanzo di R.L.Stevenson, con quotidiani lanci di “ballon d’essai” di becera propaganda che maschera secondi fini, attualmente con un unico destinatario: la Banca d’Italia.
Prenderò in considerazione l’approccio di due protagonisti di questa squallida vicenda, con obiettivo unico ma con finalità diverse.
Alessandro Di Battista –
Personaggio per il quale intanto non si comprende lo spazio concessogli sui “media” come solitario comiziante senza contraddittorio.
Nella recente trasmissione TV condotta da Giovanni Floris si è sperticato in una filippica finalizzata a comunicare agli Italiani che la Banca d’Italia “»è una banca controllata da quelle stesse banche private che dovrebbe controllare”. Così, con scarso contrappunto critico di merito da parte del conduttore, la propaganda disinformante di questo “apprendista stregone”.
Per chiarire l’inconsistenza di quanto affermato – che evidenzia uno scarso bagaglio informativo che non gli ha suggerito ne prudenza nelle affermazioni ne impedimento, per fini di squallida propaganda, a dichiarare una correlazione di causa – effetto – meritano di essere puntualizzati i seguenti aspetti:
1 – Statuto della Banca d’Italia art. 1 comma 1 ” La Banca d’Italia è un Istituto di Diritto Pubblico”. Quote della Banca ( per ragioni storiche di cui si dirà successivamente ) sono in mano a banche, assicurazioni, INAIL e INPS: i c.d. “Partecipanti”.
L’Assemblea dei partecipanti ha peraltro scarsissimi poteri, limitati alla sola nomina del “Consiglio Superiore”, organo con esclusivi compiti di amministrazione e vigilanza interna ma, stabilisce l’art.19 dello Statuto “»non ha alcuna ingerenza nelle materie relative all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal Trattato, dallo Statuto del SEBC [ Sistema Europeo delle Banche Centrali ] e dalla BCE [ Banca Centrale Europea ], dalla normativa dell’Unione europea e dalla legge alla Banca d’Italia e al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali”.
Questo intanto per chiarire l’inconsistenza delle affermazioni di correlazione tra controllore e controllati. Di più, Di Battista dovrebbe sapere (?!) che non da oggi la “Vigilanza” sulle banche è svolta congiuntamente alle autorità europee, cioè con la BCE, e che:
a – sulle banche più grandi è svolta direttamente dalla BCE;
b – sulle altre è svolta dalla Banca d’Italia, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla BCE che può, in qualunque momento, avocare la vigilanza su qualsiasi Istituto, se ritenuto necessario.
2 – Peraltro, se Di Battista avesse studiato un po’ prima di sproloquiare – ancorché ciò non sarebbe stato funzionale agli obiettivi dell’attacco – saprebbe che la storia delle crisi bancarie ( a cominciare dal tracollo del Credieuronord” della Lega, di cui ci si dimentica troppo facilmente ) non ha nulla a che fare con il controllo della Banca d’Italia ma con la ben più prosaica commistione delle banche con la politica e più esattamente delle “relazioni” tra politici e dirigenza bancaria, che è causa prima di intrecci corrosivi ora di incompetenza nell’amministrazione del credito ora di erogazioni pilotate del credito.
È la politica che avrebbe dovuto essere chiamata in causa da Di Battista, posto che, al contrario, sono i controlli della “Vigilanza” ( senza escludere errori della stessa ) che hanno consentito di svelare di volta in volta i profili di mala amministrazione.
L’attacco – ed in questa direzione può essere letta anche l’ostruzione del Governo al rinnovo della nomina di Signorini, componente prestigioso del Direttorio della Banca – sembra invece coprire il tentativo di aprire la strada per intaccare l’autonomia della Banca d’Italia stessa e portarla più incisivamente sotto l’influenza del Governo: cioè proprio di quella “politica” dalla quale dovrebbe essere invece rafforzata e non attenuata, nella distinzione dei ruoli, l’autonomia della Banca.
Questi attacchi fanno il paio con il problema delle “riserve auree”.
Claudio Borghi, l’oro delle riserve valutarie –
Una proposta di legge, primo firmatario Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera, è finalizzata a rivendicare la proprietà delle riserve auree, patrimonio di servizio della Banca d’Italia, allo Stato e conseguentemente da portare sotto il controllo del governo (!!).
L’interrogativo fondamentale da porsi è: quale scopo ha questo tentativo di rivendicazione? Ci torneremo alla fine dell’analisi.
Sembra intanto utile ricordare come all’indomani dell’unificazione del 1861 rimasero in piedi Istituti di credito di diritto pubblico autorizzati all’emissione di biglietti in “lire convertibili”. Crisi ricorrenti portarono poi nel 1893 alla costituzione della Banca d’Italia – quale esclusivo Istituto d’emissione concessionario – attraverso la fusione di tre Istituti di Diritto Pubblico ( Banca Nazionale del Regno d’Italia, Banca Nazionale Toscana, Banca Toscana di Credito ) con conferimento delle loro riserve auree. Successivamente si aggiunsero i conferimenti delle riserve auree anche da parte del Banco di Sicilia e Banco di Napoli, che continuarono invece ad operare individualmente nell’attività creditizia.
Con la legge del 1936, c. d. “legge bancaria”, la Banca d’Italia venne definitivamente dichiarata Istituto di Diritto Pubblico affidandole definitivamente la funzione esclusiva di istituto di emissione ( in precedenza come detto svolta in concessione ) e organo di vigilanza creditizia; funzioni poi modificate nel 1993 con l’avvento della BCE.
La Banca d’Italia detiene e gestisce le riserve nazionali in valuta e oro. Le riserve auree sono parte integrante delle riserve ufficiali del Paese e rappresentano un presidio di sicurezza e garanzia per lo svolgimento delle “funzioni pubbliche” della Banca d’Italia.
L’ordinamento assegna la proprietà delle riserve auree alla Banca d’Italia ( con valutazione in bilancio a valore della quotazione dell’oro alla data del 31 dicembre di ogni anno ). Le riserve auree ammontano attualmente a circa 2452 tonnellate ( per un controvalore intorno ai 90 miliardi di euro ) e pongono l’Italia al terzo posto al mondo, dopo Stati Uniti e Germania, per consistenza delle riserve auree. Gli aumenti più significativi delle consistenze sono il frutto benefico e prudenziale del “miracolo economico” degli anni 60 – 70 del secolo scorso.
Secondo il principio della gerarchia delle fonti del diritto, i vincoli che ricadono sulle riserve auree provengono da norme di “rango costituzionale” rivenendo da Trattati europei:
Art. 117 Costituzione ” La potestà legislativa è esercitata dallo Stato, dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»”
Art. 1 comma 1 legge n.131/2003 che porta disposizioni di attuazione alla legge costituzionale n. 3/2001 “Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato [»], ai sensi dell’art.117 Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’art. 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’art.11 della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e dei trattati internazionali”.
L’art. 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea vieta investimenti sul mercato primario in titoli emessi da Stati membri e Istituzioni dell’area euro.
Le riserve auree, costituendo un baluardo a difesa di crisi valutarie e contro il rischio sovrano non possono certo essere utilizzate per la riduzione del deficit; costituiscono una garanzia di ultima istanza e non certo per abbattere il debito dello Stato.
L’art. 127 del Trattato stabilisce altresì che le riserve auree costituiscono parte integrante delle riserve dell’Eurosistema e contribuiscono a sostenere e alimentare la credibilità del SEBC – Sistema Europeo delle Banche Centrali.
Ora, se le riserve auree sono patrimonio della Banca d’Italia che è Istituto di Diritto Pubblico e sono garanzia per il Paese, qual è la ragione che tenderebbe a farne dichiarare la proprietà allo Stato e non alla Banca d’Italia?
La mia risposta, che non è solo mia, è la seguente: Claudio Borghi, e con lui la Lega, è ossessionato dal “sovranismo” e, andando oltre i proclami diplomatici di facciata, fa il tifo per una “Italyexit” cioè un’uscita dall’euro. Come assai opportunamente è stato osservato, e da condividere interamente “» c’è una [»] ragione per cui si vogliono togliere le riserve dal bilancio della Banca d’Italia. Il sistema finanziario italiano ha un debito ingente attraverso la piattaforma europea per il regolamento dei pagamenti ( Target2 ), utilizzati dalle banche centrali e da quelle commerciali. Nel caso di uscita dall’euro, la BCE che gestisce la piattaforma potrebbe rivalersi»sulle riserve della Banca d’Italia, che fa parte del SEBC. L’On. Borghi, che sull’Eurexit ha costruito la sua carriera politica, in passato dichiarava apertamente che per questa ragione la proprietà dell’oro è passaggio fondamentale per arrivare all’Eurexit. E il cerchio si chiude ” ( Alberto Biasin, La Repubblica 18/2/2019 ).
È bene che i cittadini comincino ad aprire gli occhi, sapendo che uno stuolo di “avventurieri” tenteranno, in modo subdolo e per fini non dichiarati ufficialmente, di dare l’assalto al “fortino”: il disastro per il Paese potrebbe essere dietro l’angolo. Nessuno potrà dire di non essere stato avvertito.
Gianni Pernarella
Laurea in Giurisprudenza conseguita a Pisa e studi post laurea in Economia. Dipendente del Banco di sardegna dal 1973 al 2003. Dopo esperienza pluriennale di filiale, assume nel 1990 ruoli di responsabilità nella struttura centrale “Organizzazione e Sistemi Informativi” dove, in veste di funzionario capo progetto, ha gestito oltre 10 progetti organizzativi e relativi a sistemi informativi. Collaboratore per oltre 6 anni del SIL – PTO di Oristano; ha scritto quattro libri sulla materia del credito e dell'economia provinciale oristanese relativa all'artigianato.